Con il grano ormai maturo giunge alla sua naturale conclusione un viaggio iniziato lo scorso dicembre 2024; un viaggio di cui vi abbiamo raccontato ogni passaggio: dalla scelta dei grani, la semina, il monitoraggio, fino ad oggi che ogni sforzo sembra aver preso forma.
A fine giugno i due campi che avevamo seminato si sono tinti di un giallo intenso, segnale inequivocabile che il grano fosse maturo e pronto per la mietitura.
Confrontarci con questo progetto, ha consentito a noi volontarie di immergerci nel mondo dell’antica tradizione contadina. Una tradizione che affonda le sue radici nelle antiche civiltà che spesso associavano il grano a divinità della fertilità e del raccolto (come Demetra per i Greci, Cerere per i Romani, Nepri per gli Egizi). Il grano è da sempre simbolo di vita e prosperità, per questo, vi sono moltissimi riti e cerimonie legati ad esso, a cui ogni popolo ha dato la propria interpretazione.
I nostri nonni ci raccontano che la semina e la mietitura erano vissute come vere e proprie feste, in cui tutta la comunità si riuniva e dava il proprio contributo. L’arrivo della bella stagione coincideva con questo momento di rinascita, di celebrazione della terra e di speranza per i raccolti dell’anno successivo. Ancora negli anni ’50 la raccolta del grano avveniva a mano; solitamente ci si divideva in due gruppi: un primo, composto per lo più da uomini, che procedendo per file ordinate falciava il grano; un secondo, composto da donne e bambini, che raccoglieva le spighe e legava le fascine.
Dopo alcuni giorni dalla raccolta avveniva la trebbiatura, cioè la separazione dei chicchi dalla spiga e dalla paglia. Questa poteva avvenire in vari modi: attraverso la battitura manuale (o flagellazione); il calpestio degli animali da lavoro (buoi, cavalli, asini); oppure attraverso la ventilazione.
Proprio durante l’ultimo giorno di trebbiatura aveva luogo il “pranzo della trebbiatura”, un momento importante e solenne della vita contadina: non solo un semplice pasto, ma un vero e proprio rito che celebrava la fine del duro lavoro e la gioia per essersi assicurati il pane per tutto l’inverno. Oltre a carne, formaggi e vino, non potevano mancare tagliatelle e tagliolini fatti in casa.
Oggi le cose sono cambiate: seminare il grano non è più un’attività familiare, ma fa comunque parte della nostra storia e di quella del nostro territorio. Riscoprire le antiche usanze e prodotti vuol dire riscoprire prodotti autentici, quindi unici, che meritano di essere tutelati. Inoltre, il fatto che i processi produttivi si siano modernizzati, non elimina né attenua lo stupore che solo la natura sa regalare. Infatti, come vi abbiamo già raccontato, il grano è stato semplicemente seminato da noi, dopodiché non ha più avuto bisogno di nulla.
Questo e molto altro è stato raccontato lo scorso sabato, durante la Festa della campagna e della frutta Sabina. L’iniziativa si è tenuta presso l’azienda agricola Tenuta Valeria di Massimiliano Di Carlo, che ringraziamo per aver partecipato al nostro progetto
L’evento ha preso avvio proprio con l’accensione della mietitrebbiatrice, tecnica predominante oggi per la raccolta del grano, nel terreno in cui era stato seminato il grano duro Senatore Cappelli. Questo macchinario, a differenza del passato, consente di eseguire in un’unica operazione sia la mietitura (taglio delle spighe) che la trebbiatura (separazione dei chicchi dalla spiga e dalla paglia).
Ci teniamo però a raccontarvi che, nel secondo terreno in cui è stato seminato il grano Furat, la mietitura è avvenuta in maniera manuale, attraverso la falce, dandoci un piccolo assaggio del duro lavoro che svolgevano i contadini.
In foto gli instancabili Roberto e Alessandro
La Festa della campagna, è stata, a suo modo, il nostro “pranzo della trebbiatura”. Un momento di festa e convivialità in cui le nonne, con un bellissimo laboratorio, ci hanno mostrato come realizzare la pasta fresca con pochi e semplici ingredienti.
Per noi volontarie la fine del ciclo di produzione del grano è coincisa anche con il passaggio tra il nostro Olp Alessandro, con cui è iniziato il nostro viaggio del Servizio Civile, e la nostra nuova Olp Laura che ci accompagnerà fino alla sua conclusione.
Insomma, come per i nostri nonni un momento importante, di passaggio, del nostro lavoro.
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