Durante il giro i guardiaparco ci hanno illustrato la storia del lago Albano ripercorrendo le varie fasi vulcaniche, terminate con una fase idromagmatica che ha dato vita a numerosi bacini di cui oggi solo due contenenti acqua – il nostro lago Albano, la cui profondità arriva a toccare i 170 mt, e il lago di Nemi, molto meno profondo. Le criticità del luogo riguardano soprattutto l’abbassamento del livello dell’acqua a causa della siccità; infatti, all’inizio della spiaggia da dove ci si imbarca, è presente un vecchio ormeggio a indicare la drastica perdita idrica che si è verificata dagli anni sessanta ad oggi. Questo, assieme alla particolare biodiversità del lago, ha necessitato dell’istituzione della ZSC, ovvero di una Zona Speciale di Conservazione. La vegetazione, infatti, è rimasta quella autoctona a causa della difficoltà per l’uomo di modificare le pendici del lago a scopi agricoli o pastorali. Tuttavia in molte zone ci fu una massiccia introduzione di castagno per ricavarne legname, essendo una specie a crescita veloce. In origine la specie prevalente era il faggio, come indicano molti toponimi della zona (ad esempio ‘Maschio delle Faete’).